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Valorizzare scarti e by-products in mezzi tecnici per l’agricoltura

giovedì 10 Febbraio 2022 Ore 8:45 am - 9:45 am

Da rifiuto a risorsa: nuove opportunità per l'agricoltura sostenibile

I rifiuti organici prodotti dalla filiera agro-alimentare ammontano a circa 90 milioni di tonnellate annue in Europa e buona parte di essi non vengono opportunamente recuperati. Inoltre, l’agricoltura si basa principalmente sull’utilizzo di input esterni, quali fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi, invece che su mezzi tecnici derivanti da economia circolare. Numerose sono le tecnologie disponibili per valorizzare scarti e sottoprodotti, al fine sia di ridurne i costi di smaltimento sia di migliorare la sostenibilità dei prodotti agroalimentari, offrendo nuove ricadute per un collegamento virtuoso tra zone urbane e zone rurali. Il recupero di rifiuti e by-products permette, infatti, di ottenere mezzi tecnici a ridotto impatto ambientale, quali biofertilizzanti, biostimolanti, induttori di resistenza e microrganismi antagonisti. Lo scopo di questo webinar è quello di esaminare le tecnologie e le opportunità più significative di recupero e valorizzazione di scarti e sottoprodotti agroalimentari, finalizzate a rendere l’agricoltura più sostenibile.

Relatori

immagne M.Pugliese
Prof. M.Pugliese UNITO
immagne R. Marchesi
R. Marchesi Corintea
immagne M. Bianco
M. Bianco Future Power S.r.l.
Argomenti trattati
  • Agricoltura e difesa sostenibile delle colture
  • Tecnologie per il recupero di scarti e by-products
  • Esempi di mezzi tecnici per l'agricoltura sostenibile derivanti da rifiuti e by-products
Digital Food Questions
1. Impianti di compostaggio di comunità: dove è possibile reperire informazioni di sintesi sulle caratteristiche che questi impianti devono avere (pratiche autorizzative, dimensioni e accessibilità, regole per la collocazione - distanze da centri abitati ecc)?

Riccardo Marchesi:
Sulle varie modalità di compostaggio e relative procedure il riferimento è lo schema a blocchi della slide 3 della mia presentazione.

Tralasciando l’autocompostaggio, per le altre forme i riferimenti ai fini autorizzativi sono:

  • Compostaggio di comunità: Decreto Ministero Ambiente del 29/12/2016 n. 266, che allego.
  • Compostaggio locale ex art. 214 comma 7 bis del D. Lgs. 152/06 e s.m.i. Questo comma recita: In deroga a quanto stabilito dal comma 7, ferme restando le disposizioni delle direttive e dei regolamenti dell’Unione europea, gli impianti di compostaggio aerobico di rifiuti biodegradabili derivanti da attività agricole e vivaistiche o da cucine, mense, mercati, giardini o parchi, che hanno una capacità di trattamento non eccedente 80tonnellate annue e sono destinati esclusivamente al trattamento di rifiuti raccolti nel Comune dove i suddetti rifiuti sono prodotti e nei Comuni confinanti che stipulano una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio, acquisito il parere dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) previ predisposizione di un regolamento di gestione dell’impianto che preveda anche la nomina di un gestore da individuare in ambito comunale, possono essere realizzati e posti in esercizio con denuncia di inizio di attività ai sensi del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 , anche in aree agricole, nel rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all’efficienza energetica nonché delle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
  • Procedura semplificata ex art. 214 commi 1-7. Le prescrizioni, le modalità operative ed i requisiti necessari per operare sono fissati da standard ministeriali contenuti nel DM 05/02/1998. In particolare al punto 15 vi sono i RIFIUTI RECUPERABILI MEDIANTE PROCEDIMENTI DI DIGESTIONE ANAEROBICA  ed al 16 i RIFIUTI COMPOSTABILI.
  • Procedura di autorizzazione ordinaria ex art. 208 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti).
2. Qual è la scalabilità della vostra soluzione basata su tecnologia anaerobica?

Matteo Bianco:
La nostra soluzione è scalabile e facilmente replicabile sia in contesti privati, sia in contesti di comunità. Non solo, si tratta anche di una soluzione modulabile, che può quindi partire da un piccolo impianto che può crescere all’aumentare degli scarti reperibili nel territorio.

3. Mini digestori anaerobici: quali sono le dimensioni "minime" (tonnellate di materiale da conferire su base annua e KW energia erogabili) disponibili qualora fossero utilizzate ad esempio da aziende di giardinaggio per smaltire in autonomia sfalci e materiale di risulta vegetale? Le procedure per l'autorizzazione all'installazione cosa prevedono attualmente? A chi si deve fare riferimento per avere queste informazioni? Potrebbero ricevere anche materiale conferito da terzi? Con quali procedure autorizzative eventuali?

Matteo Bianco:
I quantitativi e le rese energetiche dipendono molto dal mix di scarti utilizzati, tra gli 80 adoperabili; il range è molto ampio e possiamo stimare un 2.000-5.000 tonnellate annue circa per un 100kw, da verificare con la situazione specifica. Il conferimento da terzi è possibile e dipende anch’esso dalla tipologia di scarto conferito. Per approfondimenti invito a contattarci.

Per maggiori informazioni potete scrivere a matteo.bianco@futurepowersrl.eu

4. Quali potrebbero essere altre filiere di trasformazione alimentare interessate a operare a breve in questa modalità ecosistemica?

Massimo Pugliese:
Praticamente tutte le filiere possono essere interessate a questa modalità, nel momento in cui si trovano a dover gestire dei rifiuti organici o dei sottoprodotti. Per citare alcuni esempi, siero di latte, farine di sangue e ossa animali, lolla e pula dei cereali, fondi di caffè, vinacce, sanse, farine disoleate, melassa, polpe esauste, noccioli e gusci, sono potenzialmente utili, dopo opportuni processi di valorizzazione, per migliorare la produttività e la salute del suolo e delle piante.

5. L’impegno nel ridurre l’utilizzo dei pesticidi nell’agricoltura italiana è evidente: tuttavia in altre parti del mondo, da cui spesso importiamo, alcuni pesticidi sono molto usati anche quando in Italia sono vietati. A cosa è dovuta questa maggior severità rispetto alla produzione interna?

Massimo Pugliese:
Sicuramente a livello europeo disponiamo di normative tra le più avanzate a livello mondiale relative alla registrazione e impiego di prodotti fitosanitari (il termine pesticida è la traduzione del termine inglese pesticides, ma il termine italiano più corretto è prodotti fitosanitari, fitofarmaci o agrofarmaci). Il basso livello di residui di fitofarmaci, ovvero il rispetto dei livelli massimi di residui (LMR), riscontrato su prodotti coltivati in Italia indicano inoltre come i nostri produttori agricoli seguano maggiormente tali normative rispetto ad altri Paesi Europei. Seppur vero che in altre parti del mondo vengono utilizzati fitofarmaci vietati in Europa, in realtà, per le sostanze autorizzate, i medesimi limiti di legge, stabiliti come “limiti di tolleranza”, si applicano anche ai prodotti alimentari d’importazione. Per le sostanze vietate in Europea è l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ad elaborare proposte di LMR ed eseguire una valutazione del rischio per i consumatori di prodotti agroalimentari importati. Chiarito quindi che, dal punto di vista dei residui, le “regole” sono essenzialmente le stesse per produttori e importatori o quantomeno sono messi in atto strumenti in grado di tutelare il più possibile i consumatori Europei, discorso diverso è quello che riguarda l’ambiente. Una maggiore “severità” in questo caso è funzionale ad una riduzione dell’inquinamento e degli impatti ambientali causati dai prodotti fitosanitari in Europa, rispetto a quanto accade in altre Nazioni.

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