
feb 10
I rifiuti organici prodotti dalla filiera agro-alimentare ammontano a circa 90 milioni di tonnellate annue in Europa e buona parte di essi non vengono opportunamente recuperati. Inoltre, l’agricoltura si basa principalmente sull’utilizzo di input esterni, quali fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi, invece che su mezzi tecnici derivanti da economia circolare. Numerose sono le tecnologie disponibili per valorizzare scarti e sottoprodotti, al fine sia di ridurne i costi di smaltimento sia di migliorare la sostenibilità dei prodotti agroalimentari, offrendo nuove ricadute per un collegamento virtuoso tra zone urbane e zone rurali. Il recupero di rifiuti e by-products permette, infatti, di ottenere mezzi tecnici a ridotto impatto ambientale, quali biofertilizzanti, biostimolanti, induttori di resistenza e microrganismi antagonisti. Lo scopo di questo webinar è quello di esaminare le tecnologie e le opportunità più significative di recupero e valorizzazione di scarti e sottoprodotti agroalimentari, finalizzate a rendere l’agricoltura più sostenibile.
Riccardo Marchesi:
Sulle varie modalità di compostaggio e relative procedure il riferimento è lo schema a blocchi della slide 3 della mia presentazione.
Tralasciando l’autocompostaggio, per le altre forme i riferimenti ai fini autorizzativi sono:
Matteo Bianco:
La nostra soluzione è scalabile e facilmente replicabile sia in contesti privati, sia in contesti di comunità. Non solo, si tratta anche di una soluzione modulabile, che può quindi partire da un piccolo impianto che può crescere all’aumentare degli scarti reperibili nel territorio.
Matteo Bianco:
I quantitativi e le rese energetiche dipendono molto dal mix di scarti utilizzati, tra gli 80 adoperabili; il range è molto ampio e possiamo stimare un 2.000-5.000 tonnellate annue circa per un 100kw, da verificare con la situazione specifica. Il conferimento da terzi è possibile e dipende anch’esso dalla tipologia di scarto conferito. Per approfondimenti invito a contattarci.
Per maggiori informazioni potete scrivere a matteo.bianco@futurepowersrl.eu
Massimo Pugliese:
Praticamente tutte le filiere possono essere interessate a questa modalità, nel momento in cui si trovano a dover gestire dei rifiuti organici o dei sottoprodotti. Per citare alcuni esempi, siero di latte, farine di sangue e ossa animali, lolla e pula dei cereali, fondi di caffè, vinacce, sanse, farine disoleate, melassa, polpe esauste, noccioli e gusci, sono potenzialmente utili, dopo opportuni processi di valorizzazione, per migliorare la produttività e la salute del suolo e delle piante.
Massimo Pugliese:
Sicuramente a livello europeo disponiamo di normative tra le più avanzate a livello mondiale relative alla registrazione e impiego di prodotti fitosanitari (il termine pesticida è la traduzione del termine inglese pesticides, ma il termine italiano più corretto è prodotti fitosanitari, fitofarmaci o agrofarmaci). Il basso livello di residui di fitofarmaci, ovvero il rispetto dei livelli massimi di residui (LMR), riscontrato su prodotti coltivati in Italia indicano inoltre come i nostri produttori agricoli seguano maggiormente tali normative rispetto ad altri Paesi Europei. Seppur vero che in altre parti del mondo vengono utilizzati fitofarmaci vietati in Europa, in realtà, per le sostanze autorizzate, i medesimi limiti di legge, stabiliti come “limiti di tolleranza”, si applicano anche ai prodotti alimentari d’importazione. Per le sostanze vietate in Europea è l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ad elaborare proposte di LMR ed eseguire una valutazione del rischio per i consumatori di prodotti agroalimentari importati. Chiarito quindi che, dal punto di vista dei residui, le “regole” sono essenzialmente le stesse per produttori e importatori o quantomeno sono messi in atto strumenti in grado di tutelare il più possibile i consumatori Europei, discorso diverso è quello che riguarda l’ambiente. Una maggiore “severità” in questo caso è funzionale ad una riduzione dell’inquinamento e degli impatti ambientali causati dai prodotti fitosanitari in Europa, rispetto a quanto accade in altre Nazioni.
Digital Food Ecosystem è una partnership guidata da aizoOn in collaborazione con imprese partner di tecnologia, università e centri di ricerca che offre al comparto Agrifood soluzioni che rispondono alle sfide ed ai bisogni puntuali delle aziende in relazione agli ambiti:
La capacità di proposta di DFE nasce dall’esperienza e dai risultati ottenuti nell’ambito del programma di ricerca Food Digital Monitoring (FDM).
DFE è un ecosistema che mette a disposizione della filiera agroalimentare una specifica e distintiva capacità di innovazione digitale, completa per approccio, metodi, strumenti e tecnologie.